Il Racconto della Birra è un saggio che razionalizza e condensa in un’unica fonte un insieme di informazioni spesso già reperibili altrove ma irrimediabilmente disperse. All’interno del saggio è presente un capitolo dedicato al mondo del homebrewing trattato dal sottoscritto. Riporto sul mio blog quanto da me scritto suddividendo il capitolo in 3 parti.
Spesso si associa la produzione di birra a processi industriali, ma è bene sapere che produrre birra in casa è molto semplice e che, fino al XIX secolo, era consuetudine preparare questa inebriante bevanda all’interno delle mura casalinghe[1].
In questo capitolo verranno spiegati, dettagliatamente, i vari passaggi di produzione, da come il semplice malto d’orzo, unito all’acqua, viene in un primo momento trasformato in mosto[2] (fase di ammostamento), successivamente amaricato con il luppolo (fase di bollitura) e infine dato in pasto al lievito (fermentazione).
Esistono tre metodi differenti che permettono di produrre birra e ognuno di questi metodi si differenzia per semplicità di esecuzione, attrezzatura richiesta e tempi di lavorazione.
Metodi per la produzione
Le tecniche adoperate per produrre birra in casa sono le seguenti:
1) estratto da kit (estratto di malto luppolato)
2) estratto di malto non luppolato con aggiunta di luppolo ed eventuali grani speciali (E+G)
3) malto d’orzo in grani (All Grain)
I primi due metodi utilizzano estratti di malto[3]; in questo modo si permette, al neofita, di saltare le prime fasi di produzione (ammostamento e filtrazione) e concentrarsi sugli altri aspetti del processo produttivo (bollitura, fermentazione e imbottigliamento). La semplicità nei primi due metodi, va però a discapito della qualità del prodotto finito.
Vediamoli ora nel dettaglio.
Kit
All’inizio molti decidono di cominciare a produrre birra utilizzando il metodo del kit. Con il termine kit si indica, normalmente, un “pacchetto” complessivo acquistabile presso negozi specializzati: in esso si trovano alcuni attrezzi, elencati in seguito, più una latta di mosto concentrato e amaricato e una bustina di lievito secco.
La tecnica consiste nel seguire un semplice procedimento: si comincia col preriscaldare la lattina di estratto in acqua calda per circa 15 minuti. In questo modo si rende l’estratto molto più fluido facilitando la fase successiva.
Una volta aperta la latta, si versa il contenuto in una pentola contenente circa 5 litri di acqua calda, si mescola il tutto e si fa raffreddare il mosto preparato. Questo, infine, viene versato nel fermentatore e diluito con ulteriore acqua fredda (secondo ricetta del produttore) fino a raggiungere la quantità prevista.
Si aggiunge il lievito secco presente nella stessa confezione dell’estratto luppolato, si mescola il tutto in modo da far ossigenare il mosto e si lascia fermentare per circa 2 settimane, prima di passare all’imbottigliamento.
L’attrezzatura necessaria per produrre birre da estratto luppolato consiste nei soli componenti per la fermentazione. In particolare, questi kit comprendono:
- Un bidone (o due a seconda della marca del kit) per la fermentazione con un rubinetto di scarico in basso, in materiale plastico per alimenti
- Un termometro digitale adesivo per controllare la temperatura di fermentazione
- Un gorgogliatore[4]
- Un densimetro[5]
- Una provetta per effettuare la misura della densità
- Una spatola per mescolare e aerare il mosto
- Un tubo per travasare la birra nelle bottiglie
- Una tappatrice per tappi a corona e una confezione di tappi
- Eventuali tubi per travasi
- Polvere detergente e sanitizzante (metabisolfito di potassio)
Questo sistema permette di produrre birra saltando alcune fasi di produzione come l’ammostamento, la filtrazione delle trebbie[6] e la bollitura. Il kit garantisce sicuramente una maggiore semplicità d’uso rispetto alle altre tecniche di produzione, ma di contro non permette nessuna personalizzazione, abbassando anche il livello di soddisfazione.
E+G
Ovvero estratto + grani. Questa tecnica prevede l’utilizzo di estratto di malto non amaricato, di luppolo e di piccole quantità di “grani speciali”, cioè tipologie di grani che contribuiscono a donare sapore e colore alla birra. Questi grani non necessitano di ammostamento perché, in fase di maltazione[7], hanno già subito una conversione dell’amido in zuccheri. Il loro impiego permette di variare il gusto, conferendo alla birra sentori di caramello, contribuendo al colore e influenzando corpo e dolcezza della birra finita.
Il procedimento inizia con la frantumazione dei grani. Questi vengono immersi in acqua a una temperatura di circa 70° C per un tempo di 30/40 minuti. Così facendo si sciolgono gli zuccheri e le sostanze aromatiche presenti nei grani. Trascorso il tempo necessario, vengono rimossi i grani e si porta il liquido ottenuto a ebollizione. Per facilitare la rimozione dei grani esistono dei sacchetti (grain bag) appositamente creati per poter contenere i grani da immergere in acqua.
La fase di bollitura, che verrà descritta con maggiori dettagli nella sezione All Grain, non richiede tempi lunghi e ha lo scopo di amaricare il mosto (aggiunta dei luppoli) oltre che di renderlo sterile. Di norma non si superano i 30/40 minuti. Se si allungano tali tempi si va incontro alla reazione di Maillard[8] con conseguente imbrunimento del mosto. Di contro, accorciando i tempi di bollitura si riduce la quantità di amaro rilasciato dai luppoli. In quest’ultimo caso si può ovviare al problema aumentando la quantità di luppolo rispetto a quella prevista dalla ricetta.
Durante la fase di bollitura va aggiunto, oltre al luppolo, l’estratto di malto. Gli estratti non luppolati sono il risultato della concentrazione del mosto dopo la fase di ammostamento. L’estratto, in questo modo, presenta solo la materia prima zuccherina concentrata, senza le sostanze amaricanti. L’uso di questi estratti permette di avere maggiore controllo sulla birra finita; variando l’uso dei luppoli e dei grani si può ottenere una maggiore aromaticità e avere, allo stesso tempo, birre più fragranti e profumate. Si può quindi scegliere la tipologia e la quantità di luppolo da impiegare, dosando così il grado di amaro.
La procedura di lavoro si può riassumere brevemente in questo modo:
- Portare il quantitativo di acqua necessario a una temperatura di 70° C ed eseguire l’infusione dei grani speciali (30/40 minuti)
- Filtrare il liquido dai grani
- Versare l’estratto di malto e portare a ebollizione
- Aggiungere il luppolo nella quantità indicata dalla ricetta
- Far bollire vigorosamente per il tempo necessario (circa 30 minuti)
- Raffreddare il mosto il più velocemente possibile
- Travasare il mosto nel fermentatore e diluire con acqua fino al volume previsto (la temperatura finale deve essere compresa tra 24-28° C).
- Mescolare vigorosamente il mosto per ossigenarlo il più possibile[9].
- Aggiungere il lievito.
Con il metodo E+G si necessita di un’attrezzatura più completa per via della fase di bollitura. Rispetto al kit, va incluso quindi l’utilizzo di una grossa pentola oltre che di eventuali sacchetti per il contenimento dei luppoli (hop bag). Il resto dell’attrezzatura rimane identica a quella da kit.
In conclusione, la tecnica appena descritta permette di avere un maggior controllo sulla qualità del prodotto finito variando colore e grado di amaro. Il difetto, per chi produce birra usando la tecnica E + G, sta nella mancanza di informazione sugli estratti di malto. Non è infatti possibile conoscere quali malti siano stati utilizzati per la produzione di questi estratti. Ne consegue un profilo aromatico che può rivelarsi insoddisfacente. Questo inconveniente viene risolto utilizzando la tecnica sotto descritta.
[1]In Italia la produzione casalinga di birra è diventata legale solamente nel 1995 (Decreto Legislativo n. 504 del 26/10/1995 art. 34 comma 3: È esente da accisa la birra prodotta da un privato e consumata dallo stesso produttore, dai suoi familiari e dai suoi ospiti, a condizione che non formi oggetto di alcuna attività di vendita).
[2] Con l’ammostamento si converte l’amido contenuto nel malto d’orzo in zuccheri semplici. Senza tale conversione il lievito non sarebbe in grado di nutrirsi e di conseguenza non si avrebbe la produzione di alcool e anidride carbonica.
[3] Gli estratti di malto sono concentrati di malto d’orzo. Questi concentrati sono reperibili in commercio in formato liquido o secco (solo estratto di malto non amaricato).
[4] Consiste in una valvola che permette all’anidride carbonica prodotta dalla fermentazione di uscire, ma non permette all’aria esterna di entrare.
[5] Il densimetro è uno strumento che permette di misurare la densità di un liquido.
[6] Termine usato per identificare le glumelle del malto d’orzo prive della sostanza zuccherina estratta durante la filtrazione
[7] È il processo in cui la malteria trasforma l’orzo in malto d’orzo. A seconda della temperatura impiegata per l’essiccamento avremo a disposizione diverse tipologie di malti che variano dal più chiaro malto Pils a quelli più scuri e torrefatti come il Black.
[8] Per reazione di Maillard si intende una serie complessa di fenomeni che avviene a seguito dell’interazione con la cottura di zuccheri e proteine. I composti che si formano con queste trasformazioni sono bruni e dal caratteristico odore di crosta di pane appena sfornato.
[9] L’ossigeno è un nutrimento essenziale per il lievito.
Tratto da Il racconto della Birra – autore Giovanni Bruno